di Antonella Lamberti
Il Convegno “La chiesa della Sacra Famiglia di Paolo Portoghesi e Vittorio Gigliotti” del 25 novembre 2023, fortemente voluto dal parroco Rocco Caruso e dalla comunità parrocchiale di Fratte, si inserisce in un filone di eventi per celebrare il cinquantesimo anniversario dall’apertura al culto della chiesa intitolata alla Sacra Famiglia e affidata ai Padri Dottrinari.
Importanti gli invitati alla tavola rotonda e molti i cittadini del quartiere che hanno ascoltato con interesse e orgoglio le relazioni sulla loro chiesa, gioiello dell’architettura contemporanea.
I saluti di apertura sono stati affidati all’arcivescovo di Salerno – Campagna – Acerno mons. Andrea Bellandi e a padre Sergio La Pegna, Superiore generale della Congregazione dei Padri Dottrinari, che ha ricordato come la presenza dei Dottrinari nella comunità di Fratte sia stata sempre ispirata all’evangelizzazione e alla catechesi. Nel quartiere la realizzazione della chiesa, affidata alla geniale collaborazione tra l’architetto Paolo Portoghesi e l’ingegnere Vittorio Gigliotti fu volano di riqualificazione e oggi, ha sottolineato il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli, incarna alla perfezione il nesso tra bellezza artistica e funzionalità religiosa. La struttura circolare e l’utilizzo del cemento armato sono solo alcune delle peculiarità di questo edificio in cui sapientemente si coniugano la simbologia e i protocolli ecclesiastici.
Con gli interventi di don Antonio Sorrentino e dell’ingegnere Rizzano, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Salerno, il convegno ha offerto spunti di ulteriore approfondimento e riflessione sulla composizione architettonica e strutturale. Oggi è prioritario adottare un adeguato piano di manutenzione per gestire tutti i fattori di rischio come l’umidità e la corrosione, che ne possono minare l’integrità e la stabilità nel tempo.
Ad arricchire e concludere il convegno, la testimonianza della famiglia Gigliotti, che con una lettera ha definito la chiesa della Sacra Famiglia, il “sesto figlio” dell’ingegner Vittorio, concretizzazione plastica di una preghiera che sarebbe sopravvissuta a lui nei secoli e che ha confermato nella comunità dei fedeli e nelle autorità civili, la responsabilità di far conoscere e tutelare tale patrimonio artistico-culturale.

Padre Rocco Caruso su Telecolore: «Saremo vigilanti»
In un ampio servizio di Telecolore (LINK) sul convegno, il Sindaco di Salerno, l’architetto Vincenzo Napoli, ha ricordato che «la chiesa deve essere sentinella di un quartiere» e, su sollecitazione del giornalista che chiedeva se è così ovunque il parroco padre Rocco Caruso ha commentato: «Certamente sì, e saremo vigilanti affinché anche le autorità facciano il loro compito. Sicuramente lo fanno la comunità parrocchiale e i residenti del quartiere Fratte: tutti sentiamo la necessità di una rinascita, di una ripartenza. Il mio predecessore, padre Nicola Roberto si spese totalmente per la costruzione di questa chiesa, che ora ha bisogno di interventi di manutenzione immediati e di essere protetta dai vandali. Mi appello a tutti i salernitani: ci vengano a trovare, a conoscere questo monumento architettonico; e sollecitino le autorità cittadine a intervenire. L’architetto Paolo Portoghesi fu un visionario e costruì con Gigliotti la chiesa per farla diventare anche opportunità di crescita sociale e culturale. Un patrimonio da non disperdere».

L’inno alla Trinità: in calcestruzzo
L’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto della Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato sul sito (LINK) uno studio approfondito sulla chiesa della Sacra Famiglia a Fratte, la cui progettazione viene avviata nel 1969. Pubblichiamo una sintesi dello studio.

La responsabilità, le scelte
La prima chiesa della Sacra Famiglia a Fratte fu costruita tra il 1886 e il 1889 ed eretta a parrocchia nel 1931. Dal 1935 è affidata ai Dottrinari. A metà degli anni Sessanta il completamento del raccordo autostradale Salerno-Avellino e dello svincolo di Salerno-Fratte, progettato in adiacenza alla chiesa ottocentesca, richiedono l’esproprio del complesso da parte dell’ANAS . Padre Nicola Roberto, parroco dal 1952 al 1976, si rivolge all’ingegnere salernitano Vittorio Gigliotti, associato a Roma con l’architetto Paolo Portoghesi, per progettare una nuova sede.

I contesti
La borgata di Fratte è tra la costa salernitana e l’entroterra avellinese. Dalla seconda metà dell’Ottocento conosce l’industrializzazione, così si costruisce un primo luogo di culto. La borgata è coinvolta dall’espansione edilizia del dopoguerra, ma subisce diversi traumi, in particolare per le alluvioni del 1954 e del 1966. Lo spopolamento seguìto a tali eventi, ma anche la crisi industriale, l’espansione disinvolta dell’edificazione e il taglio netto provocato dalla ferrovia e dall’autostrada A3, hanno reso la borgata frammentata e decoesa. La costruzione di un nuovo centro parrocchiale è stata l’occasione per creare un inedito “centro” alla borgata, esterno al nucleo storico, ma adiacente ai complessi di edilizia popolare. Sebbene non tutte le strutture di servizio previste siano state realizzate, il nuovo complesso parrocchiale ha esercitato ed esercita funzione di stimolo verso il contesto urbanistico, ribadita ancora recentemente dalla sistemazione definitiva del sagrato e dell’accesso alla stazione ferroviaria (adiacente alla casa canonica), inaugurati nel luglio 2011.
Portoghesi e Gigliotti iniziano la progettazione subito dopo la chiusura del Concilio Vaticano II: il percorso di ideazione recepisce alcuni temi conciliari, ma attinge anche a un repertorio di suggestioni formali e culturali, determinate dal rapporto di Portoghesi sia con la storia dell’architettura, sia con il mondo delle forme naturali e organiche. L’esito non è quindi appiattito sul funzionalismo liturgico e propone una mediazione tra l’ecclesiologia conciliare, la più profonda tradizione della storia dell’architettura cristiana e l’innovazione morfologica e tecnica.

Il progetto liturgico
La chiesa ha sei poli a matrice circolare, modellati e interpenetrati per creare uno spazio accogliente per l’assemblea e per articolare i fuochi liturgici . Tre poli generatori irradiano la struttura di copertura, ossia le tre grandi volte gradonate che si incontrano sopra l’altare; gli altri tre poli si innalzano sopra l’aula, quasi come “dighe” a contenere e orientare la forza generatrice dei primi tre. Le tre volte sono definite da Portoghesi come tre alberi giganteschi, simbolo delle tre persone della Trinità, che si innestano una nell’altra andando a costituire una realtà unica nell’oculo luminoso della cupola centrale.
L’altare si trova sotto il fascio di luce di tale apertura, in posizione baricentrica segnata dalla sua compenetrazione con le volte generatrici. La presenza eucaristica non è focalizzata solo sulla centralità della mensa, ma anche sulla cappella del Santissimo Sacramento. La modellazione dell’assemblea avviene dunque a partire dai due poli eucaristici.

Il programma iconografico
Il giorno dell’inaugurazione, Portoghesi sottolineava: «È una chiesa disadorna in cui non ci sono arredamenti vistosi che possano attrarre l’attenzione. La ricchezza delle immagini è tutta ottenuta attraverso il lavoro delle mani umane e attraverso l’evocazione di questo elemento inafferrabile che è la luce». La scelta aniconica fa dunque parte dei presupposti del progetto, l’iconografia trinitaria della struttura è tuttavia esplicita. Le tre grandi volte esprimono il mistero della Trinità, commentato anche dai colori delle vetrate laterali: il verde e l’azzurro per ricordare la creazione, sotto l’ampio ombrello della volta del Padre; il giallo e il bianco per il calore dell’Eucarestia e dello Spirito, in continuità con le volte del tabernacolo e dell’epiclesi sopra la mensa. Restando all’iconografia architettonica, il tema della Sacra Famiglia, cui è dedicata la chiesa, è richiamato dalle due rampe di accesso, che avvolgono come un abbraccio familiare l’assemblea.
L’altare è l’unico elemento che non segue la forma circolare della pianta, segnando anche il tal modo la propria alterità. La realizzazione del tabernacolo, cuore plastico della cappella del Santissimo, è affidata all’artista di fama internazionale Sinisca (Mimmo Siniscalchi): le “fiamme” di ottone martellato richiamano il tema della fiamma accesa che riscalda i credenti e li orienta verso l’alto, ripreso nei leggii per la sede e per l’altare, nei porta-candele e nel porta-cero pasquale. Un altro tema iconografico interessante è dato dalle “gocce” della Parola, che scendono a irrorare la terra: come la luce piove dall’alto, così le gocce diedriche di calcestruzzo sembrano colare dalle pareti.

Il progetto ambientale
Il progetto dell’illuminazione costituisce il senso dell’opera; nel pensiero di Portoghesi, è esplicito il richiamo alla Pentecoste e all’effusione della sapienza. La luce ha una doppia direzione: nel punto di incontro delle tre volte gradonate il foro centrale fa piovere la luce sull’altare e sulle facce frontali degli anelli centrali mentre le porzioni laterali delle volte ricevono luce dal basso, dalle vetrate perimetrali “scavate” come lame nel calcestruzzo.
Il progetto ecclesiale
Il ragionamento sull’idea di Chiesa viene posto da Portoghesi alla base della soluzione avvolgente dell’assemblea e della forma complessa dell’edificio. Alla domanda su come possa essere costruita una “casa di Dio”, l’architetto risponde con la scelta di realizzare la casa di Dio «come casa degli uomini, come luogo in cui si raccoglie la comunità e in cui esiste l’immagine di Dio, in quanto esiste all’interno dell’esperienza di ciascuno che crede». A evitare un fraintendimento di tipo “orizzontalista” o “assembleare” interviene l’apertura alla trascendenza, in questo caso rappresentata dalla fonte di luce sopra l’altare. Un elemento anomalo rispetto alla tradizione cristiana è l’assenza di un asse prospettico o simmetrico: il progettista pare intendere lo spazio prospettico come fondato su una concezione di spazio individualista, e per questo ne prende le distanze, favorendo uno spazio «conoscibile come sommatoria delle infinite esperienze soggettive dello spazio proprie di tutti gli esseri viventi».

Il progetto urbano
Il tema dell’irraggiamento determina anche gli spazi circostanti all’aula liturgica, in cui erano previsti gli ambienti per la catechesi e per l’aggregazione, oltre ai locali per gli uffici parrocchiali e il ministero pastorale.

La prova del tempo: il cantiere della comunità
Al momento dell’inaugurazione della chiesa, nel 1974 , mancavano ancora alcuni elementi di finitura (per esempio il pavimento, realizzato nel 1984) e le opere esterne. Il terremoto del 1980 ha rallentato i lavori di completamento e solo nel dicembre 1987 l’arcivescovo mons. Guerino Grimaldi ha potuto inaugurare i locali parrocchiali.
La rapida realizzazione dell’aula della chiesa è alla base di una sua duplice “fragilità”. Da un lato, l’eccessiva fiducia nella durevolezza del calcestruzzo a vista è stata delusa dal veloce degrado delle superfici esterne. D’altro canto, l’assetto dei poli liturgici è stato ideato da committenti e progettisti quando la riforma post-conciliare muoveva appena i primi passi, in una fase “transitoria”. A questo è rimediato in tempi recenti, con il completamento e il riassetto dell’area presbiteriale, per iniziativa dell’allora parroco padre Ottorino Vanzaghi.
I lavori sono cominciati dal completamento della scala e della ringhiera per il sito della cantoria e dell’organo (2007), e hanno successivamente affrontato il tema dell’ambone “mensa della Parola di Dio”, dopo la prima “mensa del pane e del vino”, costituita dall’altare. Questo secondo polo liturgico è stato commissionato a Paolo Portoghesi stesso, che ha collocato l’ambone a cerniera tra l’aula assembleare e l’area presbiterale. La direzione lavori dei due interventi è stata affidata al giovane architetto frattese Giuseppe Paolillo.
Da ultimo, si è affrontato il nodo della sede del presidente dell’assemblea: la prima soluzione provvisoria vedeva la sede a fianco del cilindro della cappella del Santissimo, mentre si è ora optato per una sistemazione tra l’altare e l’ambone, sotto l’antico Crocifisso ligneo. La canonica è stata ristrutturata nel 2010, mentre il sagrato inaugurato nel luglio 2011 è stato allestito dall’amministrazione comunale di Salerno, risolvendo il nodo del rapporto con i complessi edilizi adiacenti e con l’accesso alla stazione ferroviaria “Fratte-Villa Comunale” della linea Salerno-Avellino.
Resta da affrontare il tema del battistero, per ora assente, da realizzarsi nell’area esterna nei pressi della porta di ingresso secondaria: il vano cilindrico, destinato in un’ipotetica prima soluzione a zona per il catechismo all’aperto, offrirebbe una collocazione liturgica interessante all’ingresso della chiesa e garantirebbe una coerenza formale con il resto del complesso, come già proposto da Portoghesi stesso.