padre Sergio La Pegna, dc

Superiore Generale

Carissimi confratelli e amici,

abbiamo ancora nella mente e nel cuore la grande festa del 15 maggio 2022 in cui, in una delle cerimonie di canonizzazione più numerose di tutti i tempi, papa Francesco ha proclamato dieci nuovi santi, fra i quali, proprio il nostro Cesare de Bus.

In questo Messaggio annuale per la sua festa liturgica mi sembra bello richiamare un aspetto fondamentale della sua vita e missione: l’essere catechista.

Papa Francesco, con la canonizzazione, ha presentato alla Chiesa universale l’esperienza di San Cesare non perché siamo chiamati a rifare oggi ciò che lui fece ma per avere un intercessore e un punto di riferimento nel nostro essere catechisti e nel modo di fare catechesi in questo nostro tempo.

Tutto può essere sintetizzato nelle due espressioni di San Cesare, dette nel discorso di fondazione della Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana, il 29 settembre 1592, e che conosciamo molto bene: bisogna essere “catechismo vivente” ed “angeli di luce”.

Qui troviamo due elementi fondamentali: “essere catechisti” e non “fare i catechisti”, prima di tutto con la vita e quindi coltivando un proprio rapporto personale con il Signore; ed essere “angeli”, cioè messaggeri, di “luce”, che è la Parola di Dio.

Per riscoprire e far riscoprire agli altri la bellezza e l’importanza della catechesi in ogni tappa del nostro cammino di discepoli di Gesù, mi sembra interessante, in questo Messaggio, dare proprio la parola a San Cesare che, in modo semplice e profondo, indica lo scopo della catechesi per la nostra vita. Traggo il testo dalle Istruzioni Familiari, commento di san Cesare al Catechismo Ad Parochos.

Padre Cesare catechista

La china su tavola che raffigura Padre Cesare catechista nella chiesa di Gesù Nazareno

Verrete (n.d.r. alla catechesi) se considererete chi è colui che vi chiama, con quale voce e perché. Colui che vi chiama è vostro Padre, Padre dell’anima, che si preoccupa di nutrirvi, vestirvi e dare l’eterno riposo alla vostra anima. Ma con quale voce, figli miei, vi chiama? La sua parola non esce solo dalla bocca, ma dal cuore, e questa parola è proferita sempre con amore e compassione […]. Cosa vi chiede? Che lo ascoltiate. Non vuole causarvi un dolore o un dissapore, ma solo vi chiede che lo ascoltiate. E perché? Perché siate istruiti, per insegnarvi non cose vane, inutili o dannose, ma cose buone, necessarie e proficue, vale a dire il timore di Dio. Vi insegnerà ad essere dei buoni cristiani. Ora, per fare un buon cristiano, è necessario fargli acquisire forza di volontà, insegnargli le cose che deve fare e dargli i mezzi con i quali possa fare ciò che deve. Tutto ciò è contenuto nella Dottrina Cristiana, che tratta degli articoli della nostra fede, dei comandamenti di Dio e l’orazione domenicale.

Desidero istruire i miei figli, come mio padre istruiva i suoi; desidero che i miei figli non imprechino, siano obbedienti ai loro genitori, non siano bugiardi, siano devoti, preghino al mattino quando si alzano e la sera prima di andare a letto, che siano così saggi da essere famosi per questo. Venite dunque, figli miei, venite alla dottrina cristiana, venite e vi insegnerò.

Cosa vi insegnerò? Vi insegnerò il fine per cui Dio vi ha messo al mondo, creandovi a sua immagine e somiglianza. Vi insegnerò a conoscere Dio, il mondo e voi stessi. Vi insegnerò a vivere bene e a morire felici. Infine, vi insegnerò ad acquisire la grazia di Dio, a mantenervi in essa in questo mondo e a ottenere la sua gloria nell’altro.

Venite:

– per nutrire l’anima della Parola di Dio. Essa è latte e carne: «come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido» (1Cor 3,1-2). Se ci preoccupiamo tanto di nutrire il corpo, potremo mai lasciare morire di fame la nostra anima? Leggiamo che la folla che seguiva Gesù Cristo sul monte provava piacere a nutrire la propria anima, ma non si preoccupava affatto del corpo; Gesù invece se ne preoccupa e lo nutre alla fine dei tre giorni;

– per ascoltare la Parola di Dio. Chi è da Dio ascolta le parole di Dio (Gv 8,47). Essa è medicina, è luce, spada, martello, ci insegna cosa bisogna seguire, cosa rifuggire, amare e temere. […];

per trarre grande profitto. Perché il mercante va verso Levante? Perché il soldato, per un salario pari a dieci franchi, si avventura e rischia la sua vita negli assalti? Quale vantaggio avrà l’uomo guadagnando il mondo intero ma perdendo la sua anima? Se ogni persona cerca di trarre profitto, a maggior ragione dovrà farlo il cristiano, poiché non andare avanti sulla via di Dio vuol dire tornare indietro”.

 

Ecco, carissimi, le parole di un santo appassionato del Signore, della Sua Parola e del desiderio di trasmetterla agli altri.

Auguro a tutti che tali parole possano risvegliare in noi la gioia e il desiderio di conoscere e amare il Signore, così come fece san Cesare.

Buona festa.

 

Roma, 15 aprile 2023

416° anniversario della morte di san Cesare