Chi non ha mai sentito parlare del “festival d’Avignon” che ogni anno, nel mese di luglio, vede confluire nell’antica città dei Papi migliaia e migliaia di visitatori?
Per le strette vie del centro storico è tutto un brulicare di persone invitate a visitare una mostra, ad assistere a uno spettacolo e a intrattenersi in amichevoli conversazioni. È un incrociarsi di cultura, spettacoli, intrattenimenti musicali che animano la città fino a notte inoltrata.
Ne ho fatto l’esperienza raggiungendo il complesso della Confraternita dei Penitenti Grigi dove è stata allestita un’esposizione significativa su san Cesare de Bus e sui santi del Vaucluse. Facendo rientro a casa e percorrendo le strette viuzze tappezzate di manifesti e pubblicità ho pensato a san Cesare e alla gente della sua epoca. Ho provato a immaginare lo spensierato giovane provenzale che, baldanzoso, percorreva le stesse viuzze in cerca di svago e di piacevoli compagnie, ma anche a Cesare che, di ritorno da una festa di ballo, dopo la mezzanotte, appesantito dal sonno, si è sentito chiamare dalla voce misteriosa che lo invitava a cercare e a dare un orientamento nuovo alla sua giovane vita.
Che direbbe, oggi, Cesare ai tanti giovani da me incrociati lungo le stesse viuzze? Semplicemente andrebbe loro incontro e racconterebbe come egli si sia sentito afferrare dal vangelo, fonte di vera gioia per chi apre il cuore ad accoglierlo.
Si, quest’anno, al festival d’Avignon, san Cesare ha toccato il cuore di tanti visitatori che si sono soffermati a visitare la mostra conoscendo così un personaggio di un’altra epoca ma capace di parlare all’umanità di oggi, in cerca di valori e di senso per la propria vita.

padre Gian Mario Redaelli, d. c.

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