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Tuesday, 13 December 2016 00:00

Il Fondatore

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Cenni di vita

Cesare de Bus, settimo di tredici figli, nacque a Cavaillon nei pressi di Avignon, il 3 febbraio 1544 “era domenica, alle 9 del mattino”.

Cresciuto in ambiente familiare e sociale “naturalmente” cristiani, passò attraverso il travaglio della crisi adolescenziale che segnò profondamente la sua giovinezza e lo portò ad una vita spensierata fatta di allegre compagnie e facili divertimenti.

Il forte richiamo ad abbandonare la strada del peccato e ritornare alla pratica di una fede cristiana autentica passò attraverso umili persone, che il Signore mise sulla sua strada: Antoinette Reveillade e Louis Guyot. Queste due persone, conosciute in casa de Bus, con fervorosa preghiera  e penitenza imploravano da Dio  il miracolo della sua conversione.

Una notte, a ridosso del muro di un convento, da cui proveniva il canto delle monache, Dio attese il giovane per mettere nel suo cuore una “sana e santa inquietudine”: “che disgraziato sono! Queste monache si alzano di notte per lodare Dio, mentre io, di notte, vado ad offenderlo”.  La Grazia cominciò ad operare in lui potentemente.

Era l’Anno Santo 1575. Cesare celebrò il suo giubileo e tornò al Signore sotto la guida di uno zelante religioso, il gesuita p. Pequet; cambiò vita, riprese gli studi, interrotti nell’età adolescenziale, e si avviò al sacerdozio. Ordinato prete  nel 1582, divenne un appassionato catechista “delle verità che sono via al cielo” e le offrì alla sua gente come “pane spezzato”, con stile semplice, immediato, figurativo e comprensibile da tutti.

Nel silenzio dell’eremo di St. Jacques, situato sulla collina che domina la sua città, s’immerse in un prolungata preghiera e nello studio del catechismo “ai parroci”, frutto del Concilio di Trento. Da lassù raggiunse paesi e città della Provenza, stabilendosi, infine, ad Avignon.

Colpito dallo zelo catechistico di S. Carlo Borromeo, vescovo di Milano, la cui opera venne a conoscere indirettamente, arrivò a raccogliere un gruppo di preti con i quali abbozzò uno stile di vita comune e condivise la fatica e la gioia di “fare l’esercizio della Dottrina Cristiana”.

Seguirono anni di fecondo apostolato catechistico  a cui si dedicò con zelo, ma fu pure accompagnato da non poche sofferenze fisiche e morali, tra esse  l’abbandono dei suoi primi compagni e la progressiva cecità, che sarebbe divenuta totale negli ultimi anni di vita.

Nello spogliamento completo, in croce come Gesù, la sua esistenza si chiuse il  15 aprile del 1607,  giorno di Pasqua, nella casa di St. Jean le Vieux, in Avignon. Si chiuse, ma non per sempre; si chiuse soltanto per la cronaca, non per la storia della Chiesa, che avanza nella storia sotto la guida  dello Spirito.

Colpito dal suo zelo e dall’originalità del suo stile catechistico, Paolo VI lo proclamò Beato il 27 aprile dell’anno santo 1975, additandolo alla Chiesa come modello per i catechisti.

Lo  zelo per il vangelo calato nella vita delle persone è ben sintetizzato in una sua celebre espressione:“bisogna che tutto in noi catechizzi, dobbiamo diventare un  catechismo vivente”.

Riformatore di Famiglie religiose e Fondatore di una Congregazione.

Un sincero amore per la Chiesa portò Cesare de Bus, prima ancora di fondare lui stesso una Congregazione, ad intraprendere un’opera di riforma della vita religiosa, nella consapevolezza che vano sarebbe stata la fatica del suo ministero sacerdotale, priva dell’esempio di coloro che, per speciale vocazione, sono chiamati ad una testimonianza limpida e gioiosa della propria fede. Spinto interiormente dallo Spirito, coltivò a lungo la speranza di riunire un giorno alcuni preti che unissero alla perfezione della vita l’esercizio di insegnare la dottrina cristiana.

Il 29 settembre 1592, dopo aver sottoposto il progetto a Mons. Bordini, vescovo di Cavaillon, a Isle sur la Sorge, fondò la  famiglia religiosa dei Padri  della Dottrina Cristiana (Dottrinari), ponendola sotto la protezione della Madonna.

Gli aderenti trovarono in un sincero vincolo di  amore fraterno e nel comune ideale catechistico la ragione della loro vita in comune.

La rivoluzione francese e altre vicende successive non hanno sommerso questa Congregazione, chiamata non solo a custodire la memoria della santità del Fondatore, ma ad imitarlo e mettere la sua intuizione catechistica alla Chiesa di oggi, che vive una stagione post-conciliare, simile a quella in cui si trovò ad operare il Beato Cesare che respirò il clima di riforma avviato dal Concilio di Trento.

 

Catechista originale e innovativo. L’impegno catechistico di Cesare de Bus in favore dei “piccoli” (nel senso evangelico) fu  segnato da un nuovo metodo pedagogico in cui gradualmente coinvolse preti e laici, con l’intento di “fare catechismo insieme”, in unità di metodo e di spirito.

La metodologia, innovativa per quel tempo, e i mezzi da lui escogitati rendevano le sue catechesi attraenti e di facile comprensione. Egli si serviva di strumenti semplici ed efficaci come: tavolette con scene evangeliche da lui stesso dipinte, canti, poesie ( anteprima degli audiovisivi).

Con linguaggio semplice, immediato e familiare, utilizzava abbondantemente la Parola di Dio, applicandola ai concetti e alle situazioni concrete. Attraverso la catechesi, si proponeva di indurre i suoi uditori ad essere “buoni cristiani”, non solo nelle parole,ma nel comportamento, conducendoli,  attraverso  una sincera conversione, a Gesù.

Cesare, consapevole che il “Catechismo ai Parroci”, voluto dal Concilio di Trento, era strumento accessibile ai soli preti, si adoperò per adattarlo ai fedeli:

-          studiando attentamente come “proporlo in modo comprensibile alla gente senza svuotarlo della sua efficacia, profondamente convinto che la catechesi è per la vita dei destinatari;

-          prendendo spunto dalla “cronaca” quotidiana per aiutare a riflettere come modellare e orientare l’esistenza alla luce della Parola di Dio e del suo amore;

-          presentando in modo graduale l’essenziale della Dottrina cristiana e suddividendola in:

  • Dottrina Piccola, rivolta a chi era completamente digiuno delle verità della fede (fanciulli e persone analfabete), insegnando loro le preghiere,  a partire dal segno della croce, i comandamenti e i sacramenti, attraverso dialogo e memorizzazione.
  • Dottrina Grande, fatta dal pulpito (oggi diremmo ambone), la domenica e nelle solennità.  Si trattava di un’ ampia spiegazione molto semplice del Simbolo degli Apostoli, del Padre Nostro, dei Comandamenti, dei Precetti della Chiesa e dei Sacramenti.
  • Dottrina Media, aggiunta in seguito dalla Tradizione dottrinaria come forma intermedia tra le due attuate dal Beato Fondatore. Essa era svolta con linguaggio concreto e aderente alla realtà, con riferimenti in abbondanza alla Sacra Scrittura e agli scritti dei Padri della Chiesa, prestando attenzione ad evitare lunghi monologhi. Veniva, inoltre, utilizzato  il metodo delle domande e risposte per il coinvolgimento dei presenti, ricapitolando il tutto con un esempio concreto inerente al tema svolto

Indubbio che siamo di fronte ad un programma “classico” di catechesi, così come lo prevedeva il Concilio di Trento, nel catechismo elaborato. L’originalità del de Bus fu di rendere viva e coinvolgente l’esposizione tramite il dialogo, i liberi interventi e persino le rappresentazioni sacre. Non tralasciava di donare libri, rosari da lui stesso fabbricati, piccole croci ed immagini sacre per suscitare impegno e interessamento. Benché criticato e contrastato da ecclesiastici a lui vicini, Cesare portò avanti con dedizione il suo impegno a favore del catechismo; sembrava  “fare della dottrinetta” e invece stava collaborando a “costruire” autentiche comunità cristiane, nutrite con il pane della Parola, che la Chiesa spezza a tutte le generazioni.

Bene ha sintetizzato  Paolo VI nell’omelia di beatificazione, quando disse che è necessario:

-          “promuovere una catechesi accessibile, comprensibile e aderente alla vita”

-          “accompagnare il ragazzo o l’adulto nella sua lenta ricerca di Dio”

(PaoloVI – omelia per la  beatificazione di Cesare de Bus -  27.04.1975)

Carisma e spiritualità.


Il carisma delle origini trova conferma nel testo delle  Prime Regole (1602), in cui si legge: “Siano tutti ben radicati nella Dottrina Cristiana e nella Carità; tutta la perfezione della nostra Congregazione ha come fondamento queste due virtù”. La vita fraterna in comunità in vista dell’esercizio della Dottrina Cristiana, cioè dell’annuncio della Parola di Dio mediante una catechesi accessibile, comprensibile e vicina alla vita dei destinatari, costituisce il carisma della Congregazione.

Pertanto la vita di comunità in vista della missione apostolica e la pratica dei consigli evangelici, segni di una profonda unione con Cristo e la Chiesa, sono gli elementi inseparabili che caratterizzano la Consacrazione dei Religiosi Dottrinari. 

Inoltre, la loro fedeltà creativa al carisma comporta un modo particolare di santificazione e di apostolato, trova alimento nell’ascolto della Parola di Dio, ossia nella meditazione, nella preghiera e nella conoscenza della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero e anche nell’accoglienza delle domande ed esigenze di verità e  di vita che affiorano dal cuore degli uomini e  delle donne del nostro tempo; il tutto arricchito, attraverso i tempi, dalla testimonianza di Confratelli illustri per santità e dottrina e, in alcuni casi, per la grazia del martirio.

Il carisma di cui è portatrice la Congregazione, sorta nel solco del  rinnovamento operato dal Concilio di Trento, trova conferma della sua specificità nello spirito del Concilio Vaticano II e nei molteplici documenti della Chiesa, in cui si presta grande attenzione all’evangelizzazione e ad un’incisiva catechesi per il nostro tempo.

La Congregazione, sopravvissuta a dolorose vicende storiche, opera oggi in Italia, Francia, Brasile India e Burundi.

La consegna di Paolo VI il giorno della beatificazione (27 aprile 1975):

“Vogliamo parlare ai religiosi e ai preti dediti all’insegnamento della dottrina cristiana, cioè alla trasmissione della fede e della Parola di vita. Ricordiamo i catechisti, artigiani della prima evangelizzazione missionaria e tutti i giovani volontari che, sacrificando il loro tempo libero, si dedicano all’annuncio del Vangelo. Oggi a titolo specialissimo è la loro festa”.

“Ammiriamo l’idea, ammiriamo lo sforzo di questo nuovo Beato e del suo magistero, che intende divulgare e inserire nella mentalità comunitaria la schietta e genuina scienza della religione.
E’ questo il metodo fondamentale e tradizionale per accogliere la Parola di Dio, la rivelazione per aprirle la ricerca delle sue stupende e inesauribili profondità, per riconoscerle la sua virtù illuminante e beatificante, rivolto alla carità e all’unità. Ed è metodo vivo, moderno, attuale”.

(al “Regina Coeli” del medesimo giorno)


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